Mentre continuano i pacchetti di aiuti economici e militari nei confronti dell’Ucraina per affrontare la guerra contro l’esercito russo, gli Stati Uniti guardano anche al Pacifico con la sempre aperta questione di Taiwan, isola che si trova a 180 km dalla Cina.
Proprio il Dragone vuole ormai da tempo procedere alla “riunificazione” con lo Stato, considerandola a tutti gli effetti territorio cinese, come sottolineato più volte dal Presidente Xi Jinping e dai vertici di governo.
Nelle ultime ore, la situazione si è surriscaldata a seguito dell’annuncio di un imminente viaggio a Taiwan della speaker della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi, che dovrebbe raggiungere l’isola il prossimo agosto, dopo aver rinviato per il Covid l’appuntamento previsto ad aprile. L’incontro di Taipei rappresenterebbe la visita di un politico a stelle e strisce di più alto rango da 25 anni a questa parte.
Non si sono fatte attendere le risposte da parte del governo cinese che, nelle dichiarazioni del Ministro degli Esteri e del portavoce governativo, hanno aumentato le tensioni tra i due Paesi: “misure risolute e forti”, lo stralcio più significativo, nel caso andasse davvero in porto il viaggio della Pelosi.
Secondo la Cina, gli Usa starebbero minando l’integrità del grande paese asiatico e una decisione del genere potrebbe mettere a rischio i rapporti diplomatici, oltre a mandare un segnale sbagliato alle forze indipendentiste taiwanesi.
Gli Stati Uniti sono da sempre per l’indipendenza di Taipei, non solo attraverso dichiarazioni di supporto ma anche con fornitura di armi, utili in caso di aggressione dell’esercito cinese, l’ultima delle quali si aggirerebbe intorno a un valore di 108 milioni di euro, per la quale la Cina ha chiesto immediata cancellazione.
Si attendono sviluppi.